Al bosco della musica

In un ambiente nordico, che accentua volutamente le caratteristiche del nostro inverno, una distesa di ghiaccio, con suoi lievi avvallamenti, le sue crepe, le sue traslucenze, ospita tre grandi libri, le cui copertine cesellate in un mosaico di specchi (chiari per il personaggio femminile, neri per quelli maschili) riflettono il gelo e l’astrazione del paesaggio. Ai margini della scena, alcuni tronchi e rami gelati di betulla alludono a un boschetto infisso nel ghiaccio.
E’ forse la riva di un lago, o la superficie delle sue acque, il luogo dell’appuntamento dei nostri personaggi. In parte reali, in parte immaginari, abitano i libri che hanno dato loro vita, ne sono la personificazione, e nel dischiudersi delle pagine fanno capolino dal mondo della fantasia e della creatività.

Dal più astratto e misterioso dei mondi, quello della musica, si materializzano, rivisitati in chiave contemporanea, Ottavio, il giovane messaggero d’amore del “Cavaliere della Rosa” che Hugo von Hofmannsthal ha creato perché Richard Strauss gli desse vita con le sue note; Tom, lo scapestrato protagonista del libretto “Carriera di un libertino” di W.H Auden- Ch. Kallman, magistralmente musicato a Igor Strawinsky; e infine il più enigmatico dei personaggi, L’Imperatrice della “Donna senz’ombra” con cui Hugo von Hofmannsthal e Richard Strauss consegnano alla tradizione musicale la favola di un cammino di conoscenza che è ricerca di sè e desiderio di maternità.

In quest’ultima raffigurazione, il tema dell’ombra e della sua ricerca si riinventa in un abito di pura, impalpabile fantasia, nell’ambiguità del volto velato, nella presenza di un violino “ricreato” con le sue corde d’oro.

Tutto nell’installazione è gioco d’identità e di riflessi: dalla superficie del lago, alle copertine dei libri, fino alle loro pagine, che alternano al fine cesello della partitura sulla lastra di specchio, la sua rifrazione.

A perfezionare un gioco di rimandi tra cultura e moda, nei risguardi di copertina maschili campeggia il candore di uno sparato da smoking e di uno da tight, mentre in quello femminile un visone bianco torna ad evocare il bosco e lo splendore di una preziosa protezione dai rigori del freddo .

Al di là del “paesaggio” rigidamente invernale, anche l’uso raggelato dei materiali che lo compongono, quella falce di luna incastonata nello specchio, il calendario che scopre via via i suoi giorni, le semisfere dei quadranti d’orologio, che misurano il tempo, tutto allude all’approssimarsi di una scadenza familiare e immancabile: il Natale. Ma qui rivisitato in un’accezzione “aristocratica”, che s’ispira intenzionalmente a purezze di linee e rigore formale.

L’idea dell’installazione, col riferimento al mondo dell’opera lirica, è anche un indiretto richiamo e omaggio a un evento straordinario che è milanese e internazionale a un tempo: la riapertura del rinnovato Teatro alla Scala



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