Il cielo sopra Milano

Per il Natale 2003, dovendo approntare un’installazione tematica che rifuggisse dai luoghi comuni e dall’iconografia più risaputa, ma che restituisse comunque il senso di una ricorrenza amata e attesa, si è fatto ricorso alla memoria cinematografica, dove campeggia, indimenticabile, il ricordo de “Il cielo sopra Berlino” di Wim Wenders.

La felice idea di “laicizzare” la tradizionale identità religiosa dell’angelo, mettendo ali ad alcuni dei suoi personaggi, l’invenzione di figure capaci di “ascoltare i pensieri”, la profonda malinconia e disperazione di un mondo in cui vige estraneità ed alienazione, il livido splendore del bianco e nero, fanno di quel film un cult della cinematografia contemporanea.

La ripresa di quel tema in vetrina, dislocandolo sui tetti di un’immaginaria Milano, costituisce una citazione e un augurio. La protezione che tradizionalmente l’angelo custode dispensa si estende in un’immagine ricreata, a un’intera città.

Per quest’installazione, facendo i conti con l’esiguità dello spazio disponibile, si è scelta la via di una costruzione realistica servendosi di materiale comunemente utilizzato nell’edilizia: i tetti sono di vere tegole, le finestre quelle di un autentico sottotetto, l’intonaco quello di una comune facciata di una casa. I manichini, i cui volti reali rimandano all’idea dell’umanità degli angeli, sono dotati di ali di piume appositamente confezionate. Nella luce di un notturno urbano, gli uomini-angeli vegliano a protezione di un nucleo abitativo che funge da simbolo per un’intera comunità.



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